MONDO FISICO INFORMAZIONE E COSCIENZA
commento su HELGOLAND di Carlo Rovelli
MONDO FISICO, INFORMAZIONE E COSCIENZA
Nel mio libro "DAGLI OPPOSTI ALL'UOMO" (Studio Editoriale Gordini 2006) a pag. 89 sostengo che tutti gli enti esistono in quanto si manifestano e manifestandosi entrano in comunicazione scambiando informazioni. Concludo quindi affermando che la manifestazione è contestuale all'Essere come all'esistere e che in suo difetto Essere ed esistere non avrebbero alcun senso. Nella pagina successiva perciò ripropongo la formula cartesiana (penso dunque sono) nella forma "mi manifesto dunque sono". Ma se manifestarsi significa entrare in relazione e ogni relazione si trasforma in informazione, l'informazione in esperienza, l'esperienza in coscienza, allora, cos'è l'io? Possiamo solo dire, per certo, che l'io non è una entità indipendente, ma un nodo relazionale di informazioni la cui esistenza dipende soltanto dal rapporto con la manifestazione di altre esistenze con cui è venuto a contatto e con le quali interagisce. In questo posso essere d'accordo con Il fisico Carlo Rovelli che nel suo "HELGOLAND" (Adelphi Edizioni 2020 pag. 143) parlando della meccanica quantistica afferma:
la nuova fisica "fa saltare l'idea che il mondo debba essere costituito da una sostanza che ha attributi e ci obbliga a pensare tutto in termini di relazioni".
Cita David Chalmers distinguendo il funzionamento del cervello (the easy problem), descrivibile dall'esterno, perché responsabile di reazioni biochimiche osservabili anche da altri, da quello della mente che lui chiama il mondo delle sensazioni (the hard problem), descrivibile solo dall'interno è scrutabile solo dal suo possessore. Conclude affermando che se tutto è relazione allora non esiste un mondo osservabile dall'esterno e tutto è osservabile dall'interno.
E a proposto dell'io commenta:
"Chi è l'io che prova la sensazione di sentire se non il processo integrato dei nostri processi mentali? /.... L'io è, credo, il residuo di una metafisica errata: il risultato dell'errore frequente di scambiare un processo per una entità. / .... è vero che abbiamo l'intuizione di una entità indipendente che è l'io ma per questo avevamo anche l'intuizione .... che la terra fosse piatta. / .... Ma è ancor più .... la semplice materia a essere il residuo di una fisica errata /.... la materia come sostanza universale definita solo da massa e moto. .... è una metafisica errata perché contraddetta dalla fisica quantistica" (opera citata pag180).
L'io è, dunque, un "nodo" relazionale che esiste e si alimenta di relazioni. Esiste finché si tiene in relazione. Se cessa di manifestarsi non ha più relazioni e cessa di esistere. Di lui può rimanere l'effetto delle relazioni intrattenute durante la sua presenza temporale. Una traccia che rimane finché nel tempo se ne conserva la memoria.
Tuttavia la coscienza individuale è una cosa privata: è il modo in cui ogni singolo individuo utilizza le informazioni ottenute dalle sue relazioni per interpretare, dall'interno, il mondo esterno che lo circonda. In questo ogni coscienza è diversa da ogni altra e non è osservabile da altri ma solo dal suo possessore. Qui concordo con Antonio R. Damasio che si tratta di una:
"entità privata, nascosta, interna e inequivocabilmente entità soggettiva". (A. R. Damasio, How the Brain Creates the Mind, pag. 4, edizione speciale di Scientific American, Agosto 2002).
Ogni singola entità, ogni singolo io, ha una visione diversa della realtà rispetto ad ogni singolo altro.
David J. Chalmer, in The Puzzle of Conscious Experience (p. 100 edizione speciale Scientific American agosto 2002), a proposito di informazioni ed esperienze afferma:
"Può persino accadere che teoria fisica e teoria della coscienza possano essere alla fine unificate in un'unica grande teoria dell'informazione. Si pone, potenzialmente, il problema del posizionamento dell'informazione; persino un termostato, ad esempio, incorpora qualche informazione, ma si può dire che sia conscio? Ci sono almeno due possibili risposte: la prima elaborare delle leggi fondamentali in modo che solo alcune informazioni si traducano in esperienze ..., la seconda: possiamo forzare la situazione e avanzare l'ipotesi che tutte le informazioni producano esperienze. Dove ci sono procedure di informazione complesse ci sono esperienze complesse e dove ci sono procedure di informazioni semplici ci sono esperienze semplici. Questo può sembrare strano, .... ma se l'esperienza è davvero fondamentale dobbiamo aspettarci che sia largamente diffusa".
Cosi anche la coscienza può essere largamente diffusa e ci possono essere coscienze semplici e coscienze evolute ma (cito dal mio libro):
"ciò che appare indispensabile è il formarsi di coscienze in grado di sentire presenze diverse da sé, di cogliere la loro manifestazione, di interrogarsi su di loro e su sé stesse. Senza la coscienza l'universo non esisterebbe o sarebbe come non esistesse. Forse un giorno riusciremo a spiegare come la mente emerge dall'encefalo .... Riusciremo forse a spiegare come emerge in ogni individuo un sé cosciente unico in grado di differenziare una persona da ogni altra, capiremo perché non possano esserci due coscienze uguali ma chiedersi perché esista la coscienza è come chiedersi perché esista l'universo. (Dagli Opposti all'Uomo pag. 42, opera citata).
Anche Carlo Rovelli sostiene, nel suo Helgoland (pag. 180), che chiedersi cosa sia la coscienza è una domanda senza senso, ma solo perché dopo averne dipanato i processi neuronali (come dice lui) è come chiedersi cosa sia un temporale dopo averne capito la fisica. Rovelli però dovrebbe sapere che i processi si possono spiegare ma le domande che riguardano il perché dell'esistere, come dell'essere, richiedono risposte di altra natura. Questo è un mondo diverso dalla fisica che solo la coscienza riesce a immaginare.
Rovelli è un fisico, uno scienziato, non ha un gran rapporto con la metafisica e lo dimostra citando un filosofo indiano del II° secolo: Nãgãrjuna. Nãgãriuna sostiene che "non esistono cose che hanno esistenza in sé indipendentemente da altro". Definisce questa situazione "vacuità". Ciò che è vacuo, sostiene Rovelli, non esiste, nessuna metafisica sopravvive, la vacuità è vuota: non ci sono "essenze" autonome, quindi significa
"Riconoscere che la domanda di cosa sia il fondamento ultimo di tutto è una domanda che semplicemente potrebbe non avere senso." (testo citato pag. 154).
Io non sono di questa opinione. Nel mio libro "Dagli opposti all'uomo" e nella seconda edizione dello stesso libro, effettuata con modifiche, intitolato "UN PRINCIPIO ETICO REGGE l'UNIVERSO" (Amazon 2020), sostengo che non esistono "esistense" autonome ma che esiste una Essenza esterna ad ogni possibile universo che manifestandosi interagisce con il nulla proponendo il principio di cui è portatrice. La realtà con il tempo e lo spazio emerge da questa fondamentale relazione e cosi le strutture fisiche che Rovelli chiama nodi relazionali. L'Essenza esterna all'universo e il nulla, ambiente della Sua manifestazione, culla di ogni possibile universo, non sono vacuità. È qui che origina tutto ciò che esiste. Ritenere che ci sia una Essenza, senza tempo né luogo, all'origine di tutto è indimostrabile scientificamente quanto la vacuità, ma ci sono più indizi a favore della prima che della seconda. In un caso e nell'altro si tratta di metafisica. La metafisica richiede una manifestazione di fede. Ma è cosi anche per la matematica perché, come dice il grande matematico Kurt Gödel, ci sono proposizioni matematiche di cui nessuna procedura matematica può determinare la verità o la falsità e John Barrow, anche lui matematico e astrofisico, sostiene che "se c'è un sistema di pensiero che richiede la fede in verità indimostrabili allora la matematica è la sola religione che può dimostrare di essere tale".
Ivo Fava 12/03/2021