COME DEFINIRE LA RICCHEZZA DI UN POPOLO E A QUALE USO DESTINARLA

COME DEFINIRE LA RICCHEZZA DI UN POPOLO O DI UNA NAZIONE E A QUALE USO DESTINARLA?

Ci sono due modi per definire la ricchezza di un popolo:

  • il primo prende in considerazione l'insieme di tutte le risorse naturali, umane, culturali, presenti sul territorio, e il valore complessivo dei beni e servizi annualmente prodotti e degli investimenti effettuati in infrastrutture e beni durevoli, sia privati che pubblici, o diversamente, di tutta la massa monetaria coinvolta, stipendi ed utili, distribuiti (spesi o risparmiati). A tale riguardo si può considerare che alcuni di questi beni, ereditati per fatti naturali o per effetto dell'impegno di generazioni precedenti, o perchè pubblicamente prodotti sono dei beni sociali appartenenti a tutto il popolo, indipendentemente dall'origine e dalla condizione culturale e sociale dei suoi membri.
  • Il secondo modo prende in considerazione solo il PIL, cioè il valore complessivo dei beni e degli investimenti annualmente prodotti od  effettuati, o di tutto il reddito a tale scopo distribuito in stipendi, utili e rendite.  Qui in genere prevale la considerazione del diverso valore economico assegnato ad ogni singolo apporto privato nella produzione dei beni e degli investimenti, nella distribuzione del reddito conseguito e dell'uso che ne viene fatto. Anche in questo caso, però, vale la pena chiedersi: la ricchezza, in quanto tale, può essere un fatto esclusivamente privato e personale o deve, pur sempre, conservare un aspetto sociale?

Chi vive in una società fatta di persone lo fa accettando delle regole di convivenza da cui presume di trarre profitto. Se questo profitto si realizza, lo deve alla convivenza con altri verso i quali continua ad essere in relazione e dai quali non può trarre solo vantaggi, verso i quali, quindi, dovrebbe considerare la possibilità di ricambiare i vantaggi conseguiti. La ricchezza quindi anche quando posseduta, accumulata personalmente e privatamente, continua ad avere un significato sociale e deve essere usata in questo senso, in modo virtuoso, per produrre, cioè, nuove occasioni di produzione e lavoro, nuova ricchezza da distribuire ma soprattutto per favorire la crescita di una società pacifica caratterizzata dal benessere morale, fisico, ambientale dei suoi cittadini. Accumulare la ricchezza solo a scopi personali è delittuoso perché discriminante, oppressivo, fonte di ingiustizia, instabilità politica e sociale, stimolo alla rivolta, ma anche fonte di spinte aggressive e autoritarie, un incentivo alle guerre di conquista e sottomissione.

Diceva Mazzini, Padre della nostra Patria:

"Io voglio parlarvi dei vostri doveri, Voglio parlarvi, come il cuore mi detta …. Ascoltatemi con amore come io vi parlerò con amore……. Perché vi parlo dei vostri doveri prima di parlarvi dei vostri diritti? …. Perché, in questa società dove tutti, volontariamente o involontariamente, vi opprimono, dove l'esercizio di tutti i diritti che appartengono all'uomo vi è costantemente rapito, dove tutte le infelicità sono per voi e ciò che si chiama felicità è per gli uomini delle altre classi,  perché vi parlo di sacrifici e non di conquiste, di virtù, di miglioramento morale, di educazione e non di benessere materiale?

(Doveri dell'Uomo - Londra 1860, pag. 17)

Mazzini spiega che le rivoluzioni basate sui diritti non hanno cambiato in positivo le condizioni dei popoli, meglio sarebbe stato, invece,  trovare un principio educatore superiore. Questo principio è il "dovere".

Il senso del dovere è quello di dare e con ciò fare tuo per sempre quello che dai, trasformando questo gesto in benefici collettivi in grado di migliorare le condizioni esistenziali di tutti noi.

In ogni società, dove ci sia un minimo di giustizia, di equità, di ordine, di pace sociale, occorre che il senso del dovere prevalga su quello del diritto. Le democrazie occidentali hanno smarrito questo elementare insegnamento dei nostri Padri della Patria.

Cavarzere 27/07/2024

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