Perché non astenersi ma votare
Perché non astenersi ma votare
IL 17 Agosto ho pubblicato un articolo in cui sostenevo che negli ultimi 15 anni solo i governi Renzi e Draghi sono riusciti ad invertire la tendenza al ribasso del prodotto interno lordo ottenendo un risultato positivo. Ora, un lettore di quell'articolo mi manda un testo pubblicato il 28 Agosto su "24plus.ilsole24ore.com". Questo testo, sulla base di dati Istat elaborati dalla Fondazione Edison, sostiene che su oltre una decina di governi succedutesi nei 20 anni precedenti, solo i governi Renzi, Gentiloni, Draghi hanno realizzato una riduzione del peso fiscale, tutti gli altri lo hanno aumentato nonostante le promesse fatte in campagna elettorale.
Sempre sulla base di dati Istat elaborati dalla stessa Fondazione, prendendo in considerazione il valore aggiunto in settori come: manifattura, commercio, trasporti, alloggio e ristorazione degli ultimi dodici mesi dei governi Berlusconi 2 e 3, Prodi 2, Berlusconi 4, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conti 1, Draghi (Conti 2 non considerato perché penalizzato dalla pandemia e dai lockdown), lo stesso articolo conclude che l'economia è tornata a crescere solo con Prodi, Gentiloni, Renzi e Draghi.
Qualche riflessione il lettore può farla sulla base di questi dati ma soprattutto potrà chiedersi perché governi che avevano iniziato un periodo virtuoso invertendo un trend negativo sono stati sfiduciati o comunque costretti alle dimissioni prima che potessero completare il loro lavoro?
Invertire il trend negativo non è facile ma per capirne il motivo bisogna rifarsi ad un'altra statistica. Me la fornisce "Economia": l'allegato al Corriere della Sera del lunedì. Per il nostro futuro e per le nostre speranze in un mondo migliore occorre investire risorse in settori importanti come ambiente, ricerca, sviluppo, istruzione, salute e sanità. Su queste voci spendiamo molto meno di Germania, Francia e Spagna; però spendiamo molto più di loro in interessi sul debito pubblico. Su queste voci da cui dipende il nostro futuro impegniamo 3,75 euro per ogni euro speso per gli interessi sul debito. La Germania ne impegna 22,88, la Francia 9,92 e la Spagna 4,84. E siamo fortunati perché finora gli interessi sul debito sono stati contenuti grazie alla protezione dei programmi di quantitative easing della BCE. Questa protezione non è detto che durerà in eterno. Quando si parla di ricorrere alla emissione di nuovi titoli di debito per sopperire alle esigenze della spesa pubblica bisogna tenere presente che la reazione dei mercati può far salire la soglia di questi interessi oltra la capacità di sopportazione della nostra economia e produrne il collasso. Il nostro futuro sarebbe ulteriormente compromesso insieme a quello dei nostri figli e dei nostri nipoti. Oggi paghiamo circa 60 miliardi di interessi ma stanno aumentando perché sui bond decennali viaggiano già attorno al 4%. Se dobbiamo affrontare più di 100 miliardi all'anno di spesa per interessi sul debito pubblico (sperando che non aumentino ulteriormente) come faremo ad avvicinare la Germania, la Francia o la Spagna negli investimenti che riguardano il nostro futuro o quantomeno necessari a non peggiorare la nostra situazione presente? Ecco perché Draghi non intende ricorrere al mercato per finanziare spesa corrente con ulteriori debiti fuori bilancio. È irragionevole tutto questo?
Salvini e Conte devono riflettere prima di promettere benessere pensando di chiedere i soldi al mercato. Sarebbe come se un privato pensasse di risolvere i suoi problemi ricorrendo all'usura: molto presto dovrebbe rinunciare alla sua libertà, ai suoi beni e infine anche alla sua vita e a quella dei suoi familiari.